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Brand naming: tra strategia e creatività

Oggi parliamo della fase creativa, quando ci si accinge a scegliere un brand name. L'errore che molto spesso si fa è quello di partire dalla fine, cioè si incomincia a cercare di assemblare il nome perfetto e si prendono sillabe, o parole, le si uniscono insieme come fossero dei Lego, si cerca di inventare una nuova parola. Tante volte questo porta a creare dei neologismi impronunciabili.

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Il naming, prima di essere un esercizio creativo è un esercizio strategico.

Ci si perde un po' nella fase operativa, ma ci si dimentica un passaggio fondamentale, cioè ci si dimentica di passare dal via e di farsi una riflessione su che cosa stiamo nominando, che cosa vogliamo che rappresenti agli occhi degli altri il nostro brand. Quindi il naming prima di essere un esercizio creativo è un esercizio strategico.

Quello che consiglio sempre ai clienti è proprio di immaginarlo un po' come una seduta di psicoanalisi, di autoanalisi, quindi farsi le domande giuste, chiedersi dove si vuole andare, quali valori si vuole rappresentare e non limitarsi al prodotto che si vende, perché cercare di trovare dei nomi partendo dalle caratteristiche del prodotto porta al rischio, di ideare dei nomi troppo descrittivi.

Perché i nomi descrittivi sono deboli

I nomi descrittivi sono nomi che hanno degli elementi di debolezza:

  • sono facilmente confondibili con quelli di altri, perché qualche altro competitor potrebbe aver già pensato allo stesso nome
  • sono difficilmente registrabili come marchi, perché non hanno capacità distintiva
  • rischiano di non reggere nel tempo, perché magari in questo momento il prodotto ha determinate caratteristiche, ma poi si vuole ampliare la linea e vengono fuori quei nomi tipo "non solo pane",  in cui si cerca di aggiungere qualcosa in corso d'opera.

Le mappe concettuali per portare la creatività verso nuovi orizzonti

Invece fermarsi un attimo a farsi le domande giuste è secondo me fondamentale proprio anche per scatenare la creatività. Un altro consiglio può essere quello di lavorare per mappe concettuali, quindi mettere su un foglio i valori, i concetti che si vuole che il brand rappresenti e poi cercare delle associazioni mentali, quindi aprire un po' gli orizzonti della creatività e immaginare anche degli accostamenti, delle associazioni che magari non sono immediatamente le prime che vengono alla mente, ma che possono portare la creatività verso nuovi orizzonti e dare degli spunti interessanti.

Chi vuoi essere da grande?

Che tu scelga di creare il naming in autonomia, oppure di farti aiutare nel processo da un naming expert qualificato, il processo si compone di diversi step. C'è una prima fase strategica in cui ci si chiede un po' chi si vuole diventare da grande, che cosa si vuole rappresentare con questo nome e poi c'è una fase creativa dove il consiglio è quello di partire con le mappe concettuali e cercare di, inizialmente, di tirare giù più idee possibili. Poi si penserà in un secondo momento a scremare queste idee e a fare una selezione. 

In fondo, come dicevano gli antichi romani, nomen omen, che è tradotto letteralmente, significa il nome è un presagio, quindi il nome non è semplicemente la descrizione di dove siamo oggi, ma è un po' anche un dove vogliamo essere domani, quindi una dichiarazione di intenti.

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