C’era una volta il target. E bisognava colpirlo, forse anche affondarlo.
Poi è arrivato l’inbound marketing, e adesso al posto del target ci sono le buyer personas.
Si chiamano “Mary Marketer” o “Owner Olly” e hanno un cane o un gatto, un avatar simpatico e svariati problemi da risolvere, del tipo “vorrei fare più soldi ma non ho tempo per stare dietro a tutto”.
Cosa è successo? Forse in tutti gli uffici marketing del mondo hanno chiuso report in Excel e slides in PPT e si sono messi a giocare a Indovina Chi?
No, le buyer personas sono una cosa seria e non si tratta di scoprire se preferiscono il mare o la montagna, il caffé o il cappuccio. Anche se a volte si, perché i loro gusti possono dirci qualcosa su come e se sceglieranno il nostro prodotto o quello di un competitor. Oppure se è più facile intercettarli sui social media come Facebook, Instagram o LinkedIn.
La buyer persona è il nostro cliente ideale. L’anima gemella della nostra azienda.
Vediamo insieme come identificarla, e perché.
Ci viene in aiuto l’Academy di HubSpot, leader dell’inbound marketing, da cui abbiamo liberamente preso ispirazione per questo articolo.
Conoscerli a fondo, trasformando l’arida descrizione del target in una rappresentazione “semi-fictional”, quindi in qualcosa che assomigli a una persona vera e propria, a cui daremo un nome e una personalità, è utile per riuscire a entrare nella mente del nostro potenziale cliente.
Questo serve per definire la strategia di marketing, perché è più facile creare contenuti pensando a una persona reale che sta dall’altra parte a leggerli, e che ovviamente li interpreta sulla base dei suoi problemi e delle sue esigenze. Ma serve anche al reparto vendite, al customer service, insomma a tutti i reparti aziendali che, in vario modo, entrano in contatto con il cliente.
Perché quello che conta è la customer experience, che deve essere coerente, dall’inizio alla fine.
Generalmente, il compito spetta al team marketing.
È fondamentale però, che il marketing abbia il supporto e riceva il contributo anche di altre funzioni aziendali (sales, customer service, back-office, finance…).
Solo così il risultato non sarà astratto ma utile e reale.
In particolare, la sinergia fra marketing e sales - il cosiddetto smarketing - risulta particolarmente cruciale per creare un'esperienza utente positiva, capace di condurre i lead (potenziali clienti) dal bisogno all'acquisto, fino alla fidelizzazione.
Molte fonti possono venirci incontro per raccogliere dati sul nostro pubblico di riferimento:
A non commettere errori. Se Olly Owner lavora in una piccola azienda e ha poco tempo a disposizione, è inutile che lo sommerga di contenuti testuali lunghissimi e gli proponga un budget da 100k. Se Mary Marketer è attiva sui social network ed è sempre attenta alle novità del settore, ha senso investire in una content strategy e nel digital advertising.
Quindi, le buyer personas mi aiutano a:
Pensare in ottica di buyer personas cambia l’approccio aziendale, perché mette al centro le persone reali e i loro feedback sul nostro operato. Per questo è un continuo work in progress, perché acquisiamo continuamente informazioni utili a definire meglio le nostre buyer personas, mentre al tempo stesso anche l’ambiente esterno cambia, modificando le loro esigenze e i loro processi decisionali.
Quindi, sempre chiedere feedback, a tutti i reparti, e lavorare nell’ottica di una continua ottimizzazione dei nostri contenuti di comunicazione, dell’offerta di vendita, di tutto ciò che concorre a migliorare il buyer’s journey del proprio cliente ideale.
Vuoi saperne di più sul percorso di acquisto? Leggi il nostro articolo Dal bisogno all'acquisto: il buyer's journey.
In fondo, Mary Marketer e Olly Owner sono già un po’ nostri amici, no?
A parte gli scherzi, la costruzione delle buyer personas di un’azienda non è un lavoro semplice e necessita di pianificazione e coordinamento delle diverse funzioni aziendali. Potrebbe essere una buona idea avvalersi della consulenza di un’agenzia di comunicazione specializzata in inbound marketing.