Ecco, l’abbiamo detto. Il gettonatissimo “sito vetrina” non esiste. E se esiste, probabilmente si tratta di una di quelle vetrine dimenticate dal mondo in qualche via di periferia in cui non si aggira anima viva. Avere un sito non è obbligatorio.
Fare un sito e mantenerlo in salute ha un costo: ha davvero senso investire in uno strumento che non verrà visto da nessuno? E nel momento in cui verrà fortuitamente trovato… che cosa vedrà il passante? Sarà invitato ad entrare, sarà accompagnato da un commesso gentile e discreto oppure verrà assalito, o abbandonato a se stesso?
Il sito fa (o dovrebbe fare) parte di un ecosistema articolato di strumenti nel panorama di una strategia di digital marketing più ampia. Come ogni altro elemento di brand identity o strumento di marketing ha senso di esistere e di essere utilizzato nella misura in cui può assolvere specifiche funzioni e raggiungere determinati obiettivi.
In particolare, un sito web ti serve se è utile a risolvere i problemi reali dei clienti, che nel tuo sito possono cercare informazioni, dettagli su prodotti e servizi, opportunità di contattarti, accesso a contenuti utili, ecc. Per essere efficiente nel suo compito di solutore di problemi, il sito internet deve inoltre avere alcune caratteristiche.
Ogni pagina deve rispondere a un’esigenza e assolvere una funzione precisa. Deve guidare l’utente nel compiere determinate azioni: proseguire la navigazione verso un certo servizio, scaricare un contenuto, iscriversi alla tua newsletter, condividere una pagina, acquistare dei prodotti nel tuo negozio online, abbonarsi a un servizio in promozione, contattarti, ecc.
Regola aurea: fai in modo che il tuo visitatore non esca dal sito, proponigli percorsi di navigazione fra le pagine, conducilo per mano attraverso Call to Action, link fra le pagine, pulsanti, nella direzione che per te è più strategica. Ogni pagina non deve essere fine se stessa, ma offrire al tuo visitatore soluzioni e percorsi per continuare il suo buyer journey. La visita sul tuo sito non deve essere un vagabondaggio, ma un’esperienza significativa e finalizzata.
Oggi l’utente è sempre più impaziente e insofferente ai tempi di attesa, errori, passaggi poco intuitivi. È abituato a User Experience (esperienze utente) molto elevate, prossime alla perfezione in termini di semplicità di utilizzo, comodità ed estetica. Ogni passaggio di troppo o inciampo può essere motivo di abbandono.
“Se tu non funzioni, preferisco non perdere tempo e cercare subito qualcuno migliore di te”.
L’esperienza che l’utente fa sul tuo sito veicola una percezione della tua identità e della qualità dei tuoi servizi/prodotti.
Quindi mettiti nei panni del tuo visitatore: prova ad usare il tuo sito, verifica se sia davvero facile (e piacevole) da navigare, se le azioni che suggerisci di compiere sono fluide e i feedback sufficienti. E cerca di individuare che cosa funziona e che cosa invece deve essere riparato, riprogettato, modificato, alleggerito (uno dei principali motivi di lentezza nel caricamento, ad esempio, sono le immagini troppo pesanti…).
Una pratica molto utile, oltre a testare il tuo sito personalmente, è fare un test di usabilità su un campione di soggetti esterni (colleghi, amici, collaboratori…): non sempre quello che per noi è logico e ovvio, lo è per gli altri.
Alla luce delle scoperte che farai, abbi cura di ottimizzare periodicamente il tuo sito. E non dimenticarti dei dispositivi mobile, oggi è fondamentale creare un sito web che funzioni alla perfezione sugli smartphone!
Il tuo sito è SEO friendly? Vale a dire: compare nei risultati di ricerca quando un utente cerca delle parole chiave o frasi inerenti quello che offri?
Fare SEO significa creare di contenuti di valore pertinenti, aggiornati e di facile utilizzo, che i motori di ricerca indicizzano e associano in modo corretto alle ricerche degli utenti.
La SEO coinvolge diversi aspetti del sito:
Un errore più che comune è quello di adottare parole e stili comunicativi personali, lontani dalle caratteristiche e le sensibilità del proprio interlocutore. Ad esempio, se vendi pacchetti assicurativi, forse potresti screditare la tua credibilità usando un linguaggio troppo informale, o al contrario, se vendi corsi online per un target di giovani freelance potrebbe non essere adatto un tono di voce troppo ingessato.
Quello del tono di voce è un ostacolo non banale da superare perché richiede un grande sforzo di empatia e di immedesimazione. È necessario individuare con grande chiarezza il tuo target: non in generale, ma nello specifico. Per questo è utile identificare una o più buyer persona – con un nome, un volto e una storia – da tenere sempre a mente quando ti trovi a scrivere contenuti per il tuo sito e per la tua comunicazione in generale.
A metà tra il tema del tono di voce e quello della SEO c’è la scelta delle parole con cui comunichi: il rischio maggiore è quello di incorrere in terminologia settoriale, per addetti ai lavori… parole che le persone comuni e il tuo potenziale cliente magari non sanno nemmeno esistere.
Se vuoi farti trovare, prima, e leggere, poi, usa le parole che la tua buyer persona usa, quelle che davvero digita o pronuncia quando cerca i tuo prodotti/servizi. Per fare questo vale sempre lo sforzo di empatia… ma esistono anche molti strumenti efficaci per individuare le keyword o le frasi (long tails) con cui le persone cercano (ad esempio SEMrush o Ubersuggest).
È banale, ma nel concentrarti sui contenuti, la comunicazione dell’offerta e del racconto di te, non dimenticarti di esplicitare con chiarezza la possibilità di contattarti: una voce di menu, form chiari, Call to Action incoraggianti.
Eventualmente anche una chat pop up… ma non esagerare, agli utenti non piace l’invadenza. E se decidi per questo strumento ricorda che devi essere pronto e disposto a rispondere in modo rapido (quasi istantaneo, direi): se non ne hai la possibilità, rinuncia. Una mancata o tardiva risposta determinerebbe un inciampo nella user experience, creando frustrazione e sfiducia nel tuo interlocutore.
Il tuo sito non è uno sgabuzzino, in cui accumulare conserve scadute e libri delle elementari. Potrebbe essere piuttosto la sala da pranzo, dove invitare persone, dialogare, offrire portate fumanti. Non c’è nulla di peggio che entrare nella sezione blog di un sito e leggere l’ultimo articolo scritto in data 1800, quando ancora avevi i capelli lunghi, qualche brufolo sulla fronte… e probabilmente la tua azienda viveva tutt’altre circostanze professionali.
Il tuo sito non dovrebbe neanche essere un museo permanente, ma un luogo vivo, dinamico, che cambia e cresce con te. Abbi cura che la tua offerta sia aggiornata, che il tuo linguaggio sia sempre adeguato al tuo cliente, che le tue foto (del profilo, dei prodotti, dei dipendenti, degli ambienti…) siano sufficientemente recenti, che i tuoi articoli riguardino argomenti attuali e rispecchino la tua identità e i tuoi servizi. E in un’ultima battuta, che l’identità visiva e la grafica del tuo sito sia coerente con tutto questo.
Lo abbiamo già detto: un sito aggiornato piace agli utenti e piace ai motori di ricerca.
L’analisi dei dati sta esattamente al fondo di ogni ciclo di implementazione e all’inizio del successivo. I dati devono essere la stella polare nel tuo viaggio di miglioramento continuo. Questo approccio è anche detto data-driven design o, più in generale, growth-driven design.
Si tratta di un approccio progettuale che, applicato a un sito web, consiste nello sviluppo e nel miglioramento continuo del sito, in funzione dei dati generati e raccolti periodicamente tramite il monitoraggio delle visite e dei comportamenti dei navigatori (pagine visitate, pagine d’uscita, modalità di utilizzo dell’interfaccia da parte dell’utente, ecc.).
Fai, analizza, migliora. Fai, analizza, migliora. E continua così!